La POLTRONA di Gesù

di don Giovanni Berti

Gesù è stato un uomo politico? Beh, stando ai racconti del Vangelo direi proprio di sì.
Con l’idea di politica e di politici che abbiamo oggi sembrerebbe quasi un’offesa a Gesù. Ma anche guardando il modo di gestire il potere e il governare di tanti contemporanei di Gesù, davvero ci viene da pensare che Lui non lo è stato per nulla.
Eppure alla domanda diretta e specifica: “Sei tu re?”, lui ha risposto di sì. Quindi, a suo modo, davvero Gesù ha svolto un profondo e vero ruolo politico mentre era sulla terra.

Quando ero piccolo, mio padre, oltre al suo lavoro di artigiano, era stato eletto nelle elezioni comunali e per qualche anno aveva fatto l’assessore. Ricordo che addirittura era arrivato a un passo dall’essere eletto sindaco. Io ho sempre pensato che facesse una cosa bella, ed ero orgoglioso che mio papà si occupasse anche del bene del nostro paese, anche se aveva tantissime altre cose da fare nel suo lavoro. Non ho mai pensato per un momento che facesse qualcosa di sbagliato o per tornaconto personale, e anche se ovviamente non so nulla di cosa e come l’ha fatto (ero troppo piccolo), il mio primo approccio alla politica è stato filtrato dalla sua esperienza. Quando mi parlano del fare politica come servizio disinteressato, io penso subito a mio papà.
Oggi non sembra proprio che sia questo il clima, e mi pare che tanti giovani guardano alla politica solo in modo negativo, perché quel mondo sembra governato solo da interessi personali, scambi di potere e attaccamento alle poltrone, con un distacco sempre più ampio dalla base dei cittadini.
Ma io, che sono un inguaribile ottimista, non voglio pensarla così. Penso davvero che in questa cosa il Vangelo può insegnarci molto, e può ed essere di stimolo per i giovani in un modo sempre nuovo a guardare al servizio politico positivamente, come vera e propria vocazione cristiana.
“Servizio”, ecco la parola giusta per comprendere la bellezza della politica, vissuta con lo stile di Gesù.

Gesù era un vero politico, nel senso che voleva il bene del mondo nel quale è nato e cresciuto. Voleva una società più giusta, più attenta ai poveri, più solidale, libera da guerre e cattiverie. Non si è disinteressato del suo mondo e non parlava solo del cielo, come luogo astratto dove fuggire. Al contrario ha messo i piedi per terra e ha messo al centro quello che dalla società del tempo era ai margini, non avendo paura di sfidare i potenti, civili e religiosi del suo tempo.
Gesù ha incontrato tanti uomini di potere, civile e religioso, con i quali si è scontrato, soprattutto per il suo stile rivoluzionario. E in questo ha sconcertato anche tanti suoi discepoli che, forse, si aspettavano uno stile più violento e deciso contro questo o quello. Ma Gesù ha mostrato la via politica dell’ultimo posto e della fiducia negli ultimi. Ha mostrato che la società cambia guardando in basso e credendo nelle potenzialità di un bambino, di 4 pescatori ignoranti, di una povera vedova con due spiccioli, di un samaritano nel deserto e di un brigante appeso alla croce vicino a lui.
Gesù era attaccato al potere e alla poltrona? Sì, ma al “suo” modo di intendere il potere e alla “sua” poltrona. Nell’Ultima Cena si piega come un servo e lava i piedi ai discepoli, e sulla croce sceglie la sua poltrona, e da lì non si è “schiodato”, come invece lo tentavano gli altri (“se sei veramente chi dici di essere, scendi dalla croce!”).
Credere che l’impegno politico (a livello locale e nazionale) sia impossibile per un cristiano è dunque una vera e propria “eresia”, cioè una offesa a quello che Gesù ha fatto e vissuto.
Un giovane che guarda alla politica come servizio, ha nel Vangelo un ottimo manuale per viverla davvero non per sé, ma per gli altri.

(da Rivista SE VUOI 3/2018)