Cast tecnico

Fuocoammare

Titolo originale: Fuocoammare

Regia: Gianfranco Rosi

Sceneggiatura: Gianfranco Rosi

(da un’idea di Carla Cattani)

Fotografia: Gianfranco Rosi

Montaggio: Jacopo Quadri

Musiche:Stefano Grosso / Durata: 107’

Genere: docufilm

Nazione: Italia-Francia

Produzione: Mibact, Istituto Luce

Cinecittà, Rai Cinema, Les Films d’Ici, ARTE

Anno di uscita: 2016

 

Cast artistico

 

Pietro Bartólo: se stesso

Samuele Pucillo: se stesso

Mattias Cucina: se stesso

Giuseppe Fragapane: se stesso

Maria Signorello: se stessa

Francesco Paterna: se stesso

Francesco Mannino: se stesso

Maria Costa: se stessa

 

Sguardo di insieme

 

Vincitore del miglior documentario agli oscar europei 2016, storie di vita vera e di attualità.

Quando, nel 2013, dopo che più di 400 persone avevano perso la vita in un naufragio, è stato chiesto a Rosi di andare a Lampedusa per realizzare un instant movie che portasse fuori dai confini italiani l’immagine dell’isola, si è fatto allora ogni giorno più forte, nel regista, il desiderio di raccontare gli abitanti con le loro storie. Il titolo del film è un celebre pezzo della tradizione musicale della zona, ma si riferisce anche al fatto storico accaduto nel porto di Lampedusa durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, quando fu affondata una nave militare che, di notte, per il grande incendio illuminò tutta l’isola e la gente andava in giro gridando “Chi focu a ‘mmari ca c’è stasira”. Il film di Rosi ci immerge nell’isola senza seguire una vera e propria storia. Si serve dei racconti delle persone, di quelli del medico, primo testimone dell’orrore dei cadaveri nelle stive, morti soffocati con le unghie spezzate nel tentativo di rompere le paratie e di respirare. È lui, Pietro Bartólo, nel docufilm, a tenere insieme tutto. Ci sono poi il piccolo Samuele Puccilli, il musicista Pippo Fragapane, che recitano se stessi. Il racconto si sviluppa attorno all’ascolto e allo sguardo. Così viene narrata l’umanità del medico, la sua compassione di fronte allo spavento e al dolore di chi arriva; la sensibilità di Samuele, straordinario tiratore di fionda, che una sera, con un occhio bendato, vedendo da vicino un passerotto pieno di paura perché ha perso lo stormo, “impara a guardare”; l’arte di Pippo, diskjockey di una radio locale, che capisce chi cerca, nella musica, compagnia. Poi c’è, attorno a questi tre straordinari protagonisti, una umanità d’altri tempi che trasuda accoglienza e solidarietà.

Fuocoammare 2

La vita a Lampedusa

e nel cuore dei suoi abitanti

 

Le persone ritratte, i fatti grandi o banali, vengono raccontati con la realtà del luogo dove accadono. Gianfranco Rosi ha vissuto un anno intero sull’isola per ritrarre la realtà così com’era e come è ancora. Ha vissuto una full immersion nell’isola, ha guardato con occhi attenti ogni sfumatura di comportamento. Ha visto che dal mare Mediterraneo arrivano a Lampedusa la vita e la morte e che i lampedusani sono gente che dell’accoglienza ha fatto la sua quotidianità.

Più che un documentario, il film si può chiamare “cinema di fusione”, dove finzione e realtà subiscono un impasto attraverso il montaggio, ricco di allusioni, dove l’intervento del regista rafforza la spontaneità degli attori. Più che documentare la realtà, il regista la fa cogliere al pubblico. La musica attraversa il film e lo punteggia con rap che un giovane nigeriano intona, con il coro Dal tuo stellato soglio tratto dal Mosé in Egitto di Rossini che chiede pietà al Signore per i figli che soffrono. Le fanno da contrappunto le inquadrature di un cielo sempre grigio e carico di nubi. Nel docufilm c’è sempre Samuele perché Samuele siamo noi, gli europei, anche se non tutti. Lo sguardo del ragazzo è il nostro sguardo. Spesso però, il nostro sguardo è indifferente. Ce lo ricordiamo che l’indifferenza uccide? L’attenzione che molti -non solo i migranti – elemosinano accanto a noi, ci interpella di continuo. È nel quotidiano, fatto di piccole cose, tessuto con le relazioni di ogni giorno, che si gioca la vita. Questo ci insegna Fuocoammare. Lampedusa è un grande simbolo e il film ha il merito di raccontare, con la verità e con la poesia, il cuore dei suoi abitanti. Un cuore italiano.

 

Un ricamo

di codici filmici

 

Rosi non è un giornalista che fa un’inchiesta. È un regista che si esprime attraverso l’arte cinematografica. Riporta la tragica quotidianità dell’immigrazione con i codici del cinema e ottiene un risultato di emozione che convince il pubblico. Così la sua scelta estetica sollecita la nostra riflessione etica. Questo è il grande risultato del film dalla simbologia al-ta. Gli uccelli che Samuele cattura con la sua fionda sono liberi, emigrano e ritornano con libertà alle terre lasciate. Così gli immigrati cercano libertà. Nel film c’è, nascosta, un’Europa che rifiuta chi, per sfuggire alla guerra e alla fame, affronta il rischio di morire affogato in mare. Molti spunti ci vengono offerti da Rosi per riflettere sui nuovi fenomeni migratori, sulla quotidianità, sul vivere in generale. Alla fine del film, dopo le tre terribili inquadrature fisse riprese all’interno di un barcone alla deriva che mostrano allo spettatore, quasi fosse un quadro antico, i cadaveri impilati l’uno sull’altro, ci chiediamo perché la morte vada a braccetto con la vita; la sofferenza con l’energia esplosiva del piccolo Samuele; la crudeltà intuita degli scafisti, con la dolcezza dello sguardo degli anziani del- l’isola. Perché? Il docufilm è stato premiato con l’Orso d’Oro al 66° Festival di Berlino.

 

 

Fuocoammare 1

Alcune frasi dal film

«La gente pensa che io sia abituato ai morti, ma ditemi voi, come faccio ad abituarmi a vedere un bambino morto?» (P. Bartólo)

«Ogni uomo che sia un uomo ha il dovere di aiutare queste persone» (P. Bartólo)

Motivazione del Premio dato a Berlino: «Un film urgente, visionario, necessario»

 

Testo di Caterina Cangià

SE VUOI 04/2016