Gabriele D’Annibale, 28 anni della diocesi Suburbicaria di Albano (Roma). È stato ordinato sacerdote nel giugno 2014. Ora si trova a Lanuvio come vicario parrocchiale ed è vice direttore della Caritas diocesana. Essere prete per lui vuol dire: «Affidarsi, donarsi con passione per generare alla vita in Cristo le persone che il ministero ci mette accanto!».

La tua caratteristica principale: Passione

Il tuo difetto: Testardaggine

A chi vorresti assomigliare? A Gabriele

Una canzone che non smetteresti mai di cantare: “Mi fido di te” di Jovanotti

La tua più grande paura: Non amare

L’aggettivo che ti piace di più: Coraggio(so)

Chi è Gesù per te: Colui in cui fare centro

Se fossi un continente del mondo saresti? Asia

Perché? Il popolo asiatico è dinamico e forte. Non si dà per vinto anche dopo le grandi catastrofi

La tua vita in una frase: Incontrare, condividere e giocarsi fino in fondo

 

La vita va giocata!

Tra i tantissimi auguri ricevuti nel giorno dell’ordinazione sacerdotale, ne ricordo uno che diceva così: “Non aver paura di giocarti per Cristo!”. Se apparentemente può sembrare semplice e forse, anche un po’ inappropriato per un giovane che diventa prete, credo sia il miglior augurio ricevuto all’inizio del ministero sacerdotale. Altro piccolo avvenimento che non posso dimenticare sono le parole di un ragazzo dell’oratorio che, poco dopo una delle prime messe, mi domandava se Dio potesse essere paragonato a un organizzatore di eventi perché è in grado di sorprenderci con tanti doni impensabili che rendono bella la vita e le danno un sapore unico. Beh, effettivamente Dio mi ha sorpreso in tanti modi rompendo schemi e progetti per farmi aprire e vivere appieno il dono della vita che per me si è concretizzato in uno scendere in campo per giocare la partita che mi stava dinanzi.

La “con-vocazione”, per utilizzare un termine caro agli appassionati di calcio, mi ha raggiunto non tanto a parole quanto con l’esempio, la testimonianza di un sacerdote della mia diocesi il quale è stato in grado di mostrarmi la bellezza di un Cristo vivo e presente in ogni uomo e che si manifesta nella sua vita concreta. Ed è proprio nella umanità povera e sofferente che ho incontrato Cristo.

Quell’incontro mi ha permesso di interrogarmi sul dono della vita, che, da bene ricevuto può diventare bene donato per tanti altri. A partire da quell’incontro qualcosa è cambiato in me, si è fatto più chiaro che Dio, come direbbe Papa Francesco, vuol portare nella nostra vita la gioia vera se glielo permettiamo. L’esperienza con le persone sofferenti e la testimonianza del sacerdote che mi aveva fatto la proposta di accompagnarlo in quell’occasione, mi ha permesso di vedere le cose con un occhio diverso, un po’ meravigliato. Ho compreso che la vita va giocata. Come? Decidendo di non restare semplicemente sugli spalti con le tante domande, paure e sogni che portavo nel cuore (fa sempre paura scegliere, buttarsi) ma di scendere in campo per iniziare a giocare la partita della vita, della mia vita. Grazie alla squadra nella quale mi sono allenato (i compagni di seminario) e ai personal trainer (Vescovo, formatori del seminario e sacerdoti della diocesi, la gente delle comunità parrocchiali dove sono passato) cui sono stato affidato ho sperimentato la bellezza e la fatica del giocarmi non perdendo di vista il primo che si è giocato per amore: Gesù.

La partita più bella e importante della mia vita ho iniziato a giocarla dal 21 Giugno 2014, quando sono stato ordinato sacerdote e sono sceso in campo in modo nuovo.

Attendendo e desiderando il giorno che avrebbe cambiato la mia vita, ho capito la differenza tra il semplice giocare e giocarsi. Grazie all’esempio ricevuto da confratelli sacerdoti posso dire che essi mi hanno mostrato, con la loro vita, che giocarsi per  un prete vuol dire

affidarsi, donarsi con passione per generare alla vita in Cristo le persone che il ministero ci mette accanto. Giocarmi nel sacerdozio significa per me affidarmi completamente a Cristo così come egli si è giocato per il Padre; significa vivere unito a Lui riconoscendolo e servendolo nelle vite degli uomini e delle donne di oggi… Desidero giocarmi perché Qualcuno si è fidato di me e mi ha amato così come sono. Senza questa certezza probabilmente non mi sarei mai messo in gioco e non sarei sceso in campo.