COMMENTO AL VANGELO SECONDO LUCA 9,28-36

Con occhi nuovi

Il racconto della “trasfigurazione” lo conosciamo bene, ne conosciamo le tante raffigurazioni pittoriche e in fondo non è così difficile immaginare un Gesù che brilla di luce e con una veste bianca di bucato: un gioco di luci che ben si presta a un bel quadro o a un mosaico, mentre il racconto è già più difficile, tanto che Luca sembra qui insolitamente parco nei dettagli, col rischio di apparire poco realistico.
Alcuni padri della chiesa dicono che Gesù, in quest’occasione, non è diverso dal solito, perché egli essendo Dio è sempre nella sua gloria; in effetti Gesù non sembra un tipo da effetti speciali, è sempre molto discreto. Allora cos’è che cambia? L’evangelista ci aiuta con la scelta delle parole: a differenza di Marco e Matteo, Luca non utilizza il verbometamorfeo(“trasfigurarsi”), ma dice che Gesù “divenne altronell’aspetto”: non è lui che si trasfigura, ma è lo sguardo dei discepoli! Sono loro che, pur conoscendolo da tempo, finalmente si fermano a guardarlo, a conoscerlo meglio e la loro relazione con lui va in profondità.

Dante, raccontando della sua visione di Dio in Paradiso (anche questo un racconto povero di dettagli), si esprime così: «Non perché più ch’un semplice sembiante / fosse nel vivo lume ch’io mirava, / che tal è sempre qual s’era davante; / ma per la vista che s’avvalorava / in me guardando, una sola parvenza, / mutandom’io, a me si travagliava (Par. XXXIII, 109-114).
Ancora una volta il Vangelo ci parla di incontri e relazioni più che di precetti ed è significativo come si possa incontrare qualcuno che si conosce già da tempo. Tuttavia questa pagina, che ci parla di bellezza e di contemplazione, suggerisce anche un modo di stare e mette in guardia da alcuni pericoli: dopo le tre tentazioni che ci venivano esemplificate domenica scorsa (Pane, Potere, Prestigio), eccone oggi una quarta, quella del Possesso. È grazie a Pietro che ce ne accorgiamo: egli vorrebbe che quel bel momento con Gesù durasse per sempre, e fin qui niente di male. Tuttavia il desiderio di possedere la bellezza del momento, di stringerla fra le mani, gli avrebbe impedito di vivere a pieno quell’esperienza se Gesù non lo avesse richiamato a scendere dal monte e a trattenersi dal raccontare l’accaduto per il momento. Al posto di Pietro probabilmente avremmo tirato fuori il cellulare per scattare una foto e condividerla subito con gli altri nove apostoli rimasti a casa! Ma saremmo ugualmente riusciti a sentire la voce del Padre?
Se Pietro avesse scattato un selfie probabilmente non avremmo questa pagina del Vangelo; se non avesse aspettato la Risurrezione per raccontare di quella giornata sul monte Tabor, non ci sarebbe stata alcuna Trasfigurazione, ma l’esperienza si sarebbe esaurita in quella giornata.

La parola di oggi è dunque “ASPETTO”: provo a prendermi del tempo per guardare in modo nuovo l’aspetto delle cose che già conosco e aspetto con pazienza la Risurrezione, perché solo alla luce di essa posso dare un senso alla bellezza di questo momento.

(Andrea Petruzzi 22 anni)