La forza della vita

Lettura vocazionale dei ritmi dell’esistenza, quelli che segnano i nostri giorni a livello religioso, culturale, sociale…
Mettersi in ascolto, evidenziarli, interpretarli, offrire indicazioni di cammino.

Ti benedirò e diventerai benedizione
(Cf Gen 12,2)

 

Battesimo di Gesù
Domenica, 7 gennaio 2017

Ci troviamo da un giorno all’altro davanti ad un Gesù adulto, consapevole, che si rincontra con suo cugino Giovanni. È proprio questi che lo aveva identificato subito come Salvatore, fin da quando erano rispettivamente nei grembi materni e anche qui non esita a riconoscerlo e ad annunciarlo.Ieri abbiamo visto come i magi irrompono nell’intimità della grotta, oggi assistiamo a Gesù che esce allo scoperto da solo. Si fa battezzare nel Giordano e possiamo immaginarlo in fila insieme a tanti altri, infatti Marco ci dice che andavano a farsi battezzare “tutta la regione della Giudea” e tutti gli abitanti di Gerusalemme.

 

Gesù ha scelto e così inizia il suo ministero pubblico!

Ma sarà solo, infatti, lo Spirito scende su di lui e il Padre gli dona la sua benedizione: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». E noi cosa centriamo con tutto questo? Ecco, quella benedizione attraverso Gesù, arriva anche a noi.

Come per i Magi, anche per noi è arrivato il tempo di rimetterci in cammino per iniziare il nuovo anno, con la sua ordinarietà e la sua novità ma non prima di aver sentito pronunciare su di noi la benedizione paterna. Se puoi ripeti in cuor tuo quella benedizione che il Padre ha rivolto al Figlio….fai precedere il tuo nome, senti quel TU rivolto alla tua vita, alla tua persona. Fai risuonare queste parole, che non sono inchiostro su carta, ma parole vive che vengono a benedire anche la tua storia, sia che essa sia serena, felice o che sia travagliata, angustiata, ferita. Siano sempre il tuo sostegno, pronte a ricordarti che non sei ne sarai mai solo/sola nel trovare e seguire la TUA stella.

Buon cammino!!!

 

sr. Deborah F. ap

 

 

Sempre avanti nella gioia.
(G.Alberione)

 

Sabato, 6 gennaio 2017
Epifania del Signore Gesù

 

 

 

I magi!!! Sono figure un po’ strane, non sappiamo quanti sono, da dove provengano esattamente, e soprattutto che cosa vogliano. Eppure, sono i primi a capire che, per trovare la Verità, bisogna mettersi in cammino, magari portandosi dietro qualcosa di prezioso da donare al momento opportuno. Grazie a loro, anche Maria e Giuseppe hanno continuato a comprendere che quel Gesù, donato da direttamente da Dio, riguardava davvero tutto le genti, e non solo la loro piccola famiglia, o i pastori che si trovavano lì intorno per caso.

Questi strani personaggi, che rompono l’intimità della grotta di Betlemme, probabilmente erano esperti astronomi e anche abbastanza ricchi. Portano dei doni a Gesù appunto, di cui forse il piccolo non sapeva cosa farsene, ma si sa, non si può arrivare davanti ad un bambino, appena nato, a mani vuote. Ora facciamo un passo indietro, come fanno ad arrivare? Sappiamo che hanno visto “sorgere una stella” che poi “li precedeva” fin quando si fermò “sopra il luogo dov’era il bambino”. Non sono uomini con tanti dubbi o ripensamenti i nostri amici Magi, al vedere la stella infatti, partono con decisione!

 

Noi generalmente quando arriva il 6 gennaio, siamo un po’ malinconici, forse perché questo era il giorno in cui da bambini dovevamo recuperare tutti i compiti da fare per le vacanze e ancora non fatti, forse perché sappiamo che da domani le luci di Natale si spegneranno. Invece dobbiamo guardare questi uomini che non hanno esitato un solo secondo. I Re Magi, ci spronano a metterci in cammino, perché anche noi dobbiamo seguire la “nostra stella”, non una qualunque, ma quella che il Signore ha acceso solo per te, per me, quella che vuole farti un po’ di luce, senza abbagliarti e farti comprendere a poco, a poco, la strada. Mentre rimetti a posto il presepe, prova a pensare qual è la stella che stai seguendo. Se seguirai la quella giusta, la riconoscerai e al vederla, insieme ai magi, anche tu “proverai una grande gioia”.

sr. Deborah F. ap

È la speranza che tiene l’uomo
in cammino e lo rende capace di futuro.
(E.Bianchi)

 

Domenica, 31 dicembre 2017
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

 

Simeone e Anna, due persone sagge, anziane, timorate di Dio che non hanno bisogno di nessuna parola, segno o miracolo per riconoscere che in quel bambino, figlio di due persone povere (infatti l’offerta di due colombi era permessa a chi considerato non abbiente), il Signore aveva compiuto la sua promessa.

Hanno visto con i loro occhi la Salvezza per Israele e per tutte le genti: la loro vita era compiuta.

Ora prendendo spunto da queste due persone, possiamo chiederci: io quale promessa sto aspettando?

 

Oggi 31 dicembre, non buttiamo via l’anno 2017, ma cerchiamo di scorgere un passaggio, anche piccolo, come lo era il bambino Gesù, di Dio nella nostra vita. Oggi può essere un giorno di bilancio? Sì, ma deve essere anche un giorno di speranza.

Domani inizia il 2018, tu con che speranza lo attendi e lo vuoi vivere?

 

Simeone sapeva molto bene che cosa stava aspettando:”la consolazione d’Israele” è anche per questo che, appena la vede, la riconosce, anche se incarnata in qualcuno che tutto poteva sembrare tranne che un Salvatore. Ha saputo subito identificare chi era Gesù. Aveva chiara la promessa di Dio e aveva ben chiara la sua speranza. Così, anche noi, in questo giorno di fine anno possiamo dire un Grazie al 2017 perché ci ha reso persone più mature e poi, possiamo protenderci verso il 2018, chiedendoci COSA STIAMO ASPETTANDO?

 

sr. Deborah F. ap

NATALE DEL SIGNORE 2017

 

IL DONO

 

 

“…poiché la vita si è fatta visibile,
noi l’abbiamo veduta
e di ciò rendiamo testimonianza” (cf. 1Gv 1,2).

 

 

Il Natale è prima di tutto un dono. Il dono di un Dio che nasce, piccolo, umano, fragile… per te. Dono da accogliere e contemplare.
Natale è la festa della vita: nasce Gesù.
Tu cosa regali a Gesù per questo Natale 2017?
L’ho chiesto ad alcuni amici e mi piace condividere con te le loro risposte.

 

l’immagine si trova presso il Monastero San Magno, Fondi

 

 

Cosa regalo a Gesù per questo Natale? Il modo migliore per trovare una risposta è mettermi davanti al presepe e provare a mettermi seriamente in quella scena, perché penso che il modo migliore di fare i regali sia darli di persona. Respiro un po’ e mi accorgo che forse è da qualche giorno che non ascolto più quel fiato che la stanchezza mi fa sembrare scontato. E la prima cosa che mi viene dal profondo è proprio un grazie per questa vita che a volte non tratto con la cura che si dovrebbe dare a un dono. In questo momento di calma, di silenzio… fisso quella paglia, già pronta, già piegata, ma vuota, e penso che l’unica cosa che posso dare ora a questo Dio, che pur di farsi avvicinare da me si è reso tanto misero da sembrare lui bisognoso di me e di quel niente che da creatura posso offrirgli. Quindi l’unica cosa che penso di potergli dare ora è il mio restare, qui, in silenzio, qui senza parole, in attesa. Quel “io ci sono”: silenzioso, calmo, senza pretendere di dover cambiare il mondo, le emozioni e chissà cos’altro; quel “ci sono” carico di gesti silenziosi, e tenerezza che ho imparato proprio da Lui, quel “io ci sono”, lo stesso che il mio Dio mi ripete di continuo, quando mi sento lontana, smarrita, a pezzi, quando per amore provo a fare cose più grandi di me. Non ho niente di più prezioso di questo, di ciò che da Lui ho provato ad imparare.

 

Per questo Natale a Gesù vorrei regalare il mio tempo. In questa era scandita da mille impegni, la cosa più preziosa è fermarsi qualche minuto e dedicarlo a Lui. Quando avviene questa sosta, i piedi si fermano e rimangono ben piantati per terra, il corpo si rilassa e i pensieri trovano un po’ di riposo. Inizia così un dialogo silenzioso…vuoi vedere che lo scambio di doni è reciproco??? Gesù ha bisogno delle mie attenzioni ed io del suo amore, in modo da poterlo “ri-trasmettere” agli altri!

Per questo Natale regalo a Gesù il mio tempo, il tempo da trascorrere con Lui, da stare con Lui.

Gesù: regalo a te il mio tempo fatto di preghiera. La mia amicizia e la mia fiducia. Perché mi fido del tuo amore. Ti regalo anche i miei pensieri, mi aiuterai a custodirli e viverli nel migliore dei modi.

 

A Gesù Bambino voglio regalare la mia mancanza di pazienza, per le cose che vorrei fossero diverse e non lo sono e per le quali non posso fare niente…vorrei quindi regalare a Gesù questa mia incapacità di pazientare e questo mio senso di impotenza di fronte a certe cose.

 

Per questo Natale dono la pazienza di attendere con gioia e amore. L’attesa di solito ci innervosisce, ci porta ad arrabbiarci, a cercare colpevoli… ci porta ad usare energie e intelligenza per trovare scorciatoie di solito lontane dalla Luce… l’attesa può essere un tempo di gioia, di scoperta, di amore, di accoglienza, di preparazione e tanta tanta fede e fiducia.

 

A Gesù regalo tutto me stesso.

A Gesù gli regalo me per quella che sono! Più di questo non ho.

A Gesù quest’anno regalo i miei sogni e la mia vita, che ne faccia uno dei suoi capolavori…

 

 

 

sr. Francesca Langella ap 

 

 

LA CASA DOV’E’?

IV Domenica di Avvento 24 dicembre 2017 

 

 

Ognuno è alla ricerca:
di un po’ di pane,
un po’ di affetto,
di sentirsi a casa da qualche parte.
(Fraternità di Romena)

 

La liturgia di questa quarta domenica di Avvento ci propone, a distanza di pochi giorni (8 dicembre festa dell’Immacolata Concezione), il racconto della vocazione di Maria: l’Annunciazione dell’angelo Gabriele a una giovane fanciulla, promessa sposa di un uomo di nome Giuseppe. Sostiamo quasi in punta di piedi nella casa di Maria per contemplare come Dio desidera entrare nella vita delle persone in un modo semplice, unico e originale.

Mi piace soffermarmi proprio sull’immagine della casa, luogo dove ognuno di noi ha intessuto le prime relazioni, quelle famigliari, vitali, dove ha sperimentato l’amore, la fiducia, l’accoglienza, la gioia, la festa, la libertà…la sofferenza, il dolore, la fatica… la casa è il luogo del quotidiano, delle piccole cose che contano, di gesti ripetuti, profumi conosciuti. La casa dice sicurezza, stabilità, calore, famigliarità, condivisione. A casa ci sentiamo protetti, al sicuro, a nostro agio. E ci sono anche altri luoghi, oltre alla nostra casa, dove ci sentiamo… a casa!

 

Se dico “casa” a cosa pensi? Cosa senti dentro di te? Quali luoghi sono per te “casa”?

Dio oggi vuol fare proprio casa con noi, con te. Come ha fatto con Maria e ancor prima col re Davide, che voleva fare una casa per il Signore e invece sarà Dio a costruire una casa per lui e la sua discendenza.

Dio è l’architetto della nostra vita, a noi è chiesto di essere buoni amministratori, suoi collaboratori. La casa richiede impegno, va abitata, arredata, ristrutturata, resa bella…

 

Prova ad immaginare la tua vita come una casa… com’è la tua?

E Dio che spazio occupa nella tua casa?

 

Il Natale del Signore è vicinissimo. Prepara la casa del tuo cuore per accoglierlo. E allora nascerà in te. Egli davvero è lì che aspetta di entrare e far festa dentro di te.

 

Riferimenti liturgia della Parola: 2 Samuele (7,1-5.8b-12.14°.16); salmo 88; Romani (16,25-27); Luca (1,26-38).

Preghiera (salmo 127)

Se il Signore non costruisce la casa,

invano si affaticano i costruttori.

Se il Signore non vigila sulla città,

invano veglia la sentinella.

 

Invano vi alzate di buon mattino

e tardi andate a riposare,

voi che mangiate un pane di fatica:

al suo prediletto egli lo darà nel sonno.

Ecco, eredità del Signore sono i figli,

è sua ricompensa il frutto del grembo.

 

Come frecce in mano a un guerriero

sono i figli avuti in giovinezza.

Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:

non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta

a trattare con i propri nemici.

 

 

sr. Francesca Langella ap 

 

VIVI LA GIOIA E IL GRAZIE

III Domenica di Avvento 17 dicembre 2017 

 

“Noi due dobbiamo liberarci e vivere il presente
giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante”

 

Desiderare per attendere, preparare il tempo. Il terzo passo che proviamo a fare in questa terza domenica di Avvento è il passo della gioia. La gioia è sicuramente una delle parole che papa Francesco usa, e oserei dire, vive più spesso: la gioia che nasce dall’incontro con Gesù e il suo Vangelo. La gioia che brilla negli occhi di chi si sente amato e che sperimenti nel ridonare amore.

Il profeta Isaia ci ricorda la gioia del popolo di Israele che “gioisce pienamente nel Signore” (cf. Is 61,10) perché si riconosce avvolto con il mantello della giustizia, rivestito delle vesti della salvezza. A te cosa dice la parola gioia? Quando la vivi?

Magari quando festeggi un evento importante, quando raggiungi una meta significativa, o condividi la gioia di un amico… Può però sembrare una parola fuori tempo, fuori luogo, lontana, quasi impossibile. Come si può gioire in un mondo terrorizzato, minacciato da violenza, morte, odio…? meglio chiudersi nella paura, nel buio. L’Avvento è invece un cammino verso la luce.

“Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce” (Gv 1,8): ecco di nuovo Giovanni Battista che annuncia il Vangelo, la gioia. Gridare la fede significa che non sarà così per sempre, che il bene vince il male, e la gioia ha la meglio sulla tristezza. Non per rendere tutto più bello, più semplice o ideale… la gioia è un fatto molto concreto, non è assenza di tristezza ma certezza di una Presenza che rimane con te in ogni momento, anche quelli più difficili!

 

La gioia non è questione di eventi straordinari, emozioni eccezionali, ma al contrario si nasconde nelle piccole cose di ogni giorno, nella quotidianità degli eventi, in quel meraviglioso istante che non tornerà ma resterà scolpito nella memoria del cuore!Dove cerchi la gioia?

Prova a scoprirla nelle piccole cose che ogni giorno semplicemente accadono!

San Paolo, oltre ad essere sempre nella gioia, ci ricorda un’altra parola scomoda, a volte difficile: “in ogni cosa rendete grazie!” (1Ts 5,18). Ci hanno insegnato da piccoli a rispondere “grazie” a chi fa qualcosa per noi. Per il cristiano l’eucaristia (=rendere grazie) è invece l’esperienza di Chi si fa Pane per noi. Oggi forse sembriamo un po’ smemorati e spesso ci dimentichiamo di dire “grazie” a Dio e agli altri: alla logica del “tutto mi è dovuto” si scontra la logica del “tutto mi è donato” perché ogni cosa è un dono di Dio, innanzitutto la vita.

Chi ti ha detto grazie? E per cosa? A chi oggi vuoi dire grazie? Perché? A Dio dico grazie per…?

 

Riferimenti liturgia della Parola: Isaia (61,1-2.10-11); Salmo (Luca 1,46-50.53-54); 1Tessalonicési (5,16-24); Giovanni (1,6-8.19-28).

 

PREGHIERA: Ogni giorno rendimi capace di essere una benedizione per questo mondo.
Lasciami entrare dentro la vita che incontrerò perché mi mostri parte di te.
Solo per oggi lascia che abbandoni la presunzione di risolvere tutti i problemi. Rendimi fedele a te.
Solo per oggi accompagna i miei passi frettolosi per donargli calma e pazienza.
Solo per oggi toglimi l’imbarazzo e la vergogna, liberami dai pregiudizi e dalle paure che mi appesantiscono il cuore.
Solo per oggi rendimi concreto nelle scelte e coraggioso per non rifugiarmi nelle idee.
Solo per oggi avvicinami a te, dammi sicurezza e calore, luce e slancio verso una giornata piena di meraviglie fatte per me, solo per me.

 

sr. Francesca Langella ap

 

 

 

NON PERDERE TEMPO MA PREPARA IL TEMPO!

II Domenica di Avvento 10 dicembre 2017

 

“Si sentì profondamente obbligato a prepararsi
a far qualcosa per il Signore
e gli uomini del nuovo secolo
con cui sarebbe vissuto”
(beato Giacomo Alberione)

 

In questo cammino verso il Natale oggi la liturgia si sofferma sul verbo preparare, che per noi cristiani è un atteggiamento da vivere ogni giorno. Il tempo dell’attesa non è un tempo vuoto, passivo, dove si aspetta che arrivi qualcuno o qualcosa…ciò porterebbe alla noia. È invece un tempo favorevole, opportuno, provvidenziale, da accogliere per preparare! Ci si prepara per un esame universitario, per una festa, per incontrare una persona, per compiere un lavoro, per pregare, per fare una scelta importante… Oggi nella frenesia e nel correre dietro le tante cose da fare si rischia di dimenticare il senso di ciò che si fa e di prepararsi, perché ciò richiede attenzione e tempo, necessari per non fare le cose tanto per farle, ma per dare valore e peso a ciò che viviamo. Non si può bypassare questo passaggio: “tra il dire e il fare c’è il cominciare”, c’è il preparare. Innanzitutto preparare il cuore a quello che ci accade, che ci viene chiesto ogni giorno e all’incontro con la volontà di Dio.

Come mi preparo nelle attività che vivo ogni giorno?

Come mi sto preparando ad accogliere il Signore che viene?

Giovanni il Battista è un esperto nel preparare la strada alla venuta del Signore, perché altri possano accoglierlo nella loro vita: “preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Marco 1,3). È importante avere qualcuno che ci spiani davanti il cammino, che ci preceda, che ci indichi chi seguire, e che ci aiuti a ritrovare il senso della vita; un compagno di viaggio con cui parlare, condividere e al quale affidare la nostra storia, perché possiamo scoprire a quale particolare vocazione e missione il Signore ci sta chiamando.

Chi è quel Giovanni Battista che mi sta accompagnando verso il Signore e alla scoperta del suo progetto su di me?

“Viene dopo di me colui che è più forte di me” (Marco 1,7). Giovanni esce di scena e lascia il posto al Signore…e a te…per essere testimone e lasciare un’impronta, un segno concreto della sua presenza nella storia. Ognuno è chiamato a prendersi la sua parte di responsabilità, a collaborare, a realizzare qualcosa di significativo per sé e per gli altri. La forza ci viene dallo Spirito Santo che nel Battesimo ci ha resi figli di Dio, liberi e amati. Impariamo ad invocare lo Spirito di Dio sulla nostra vita, su ciò che dobbiamo preparare, dire, fare… ci accorgeremo con stupore – altro atteggiamento cristiano di questo tempo di Avvento – che Dio è già lì a preparare la strada, e aspetta che noi continuiamo a percorrerla e ad indicarla a chi incontriamo. Non perdere tempo ma prepara il tempo!

 

Riferimenti liturgia della Parola: Isaia (40,1-5.9-11); Salmo 84/85; 2Pietro (3,8-14); Marco (1,1-8).

 

Preghiera

Ogni giorno, ricordiamoci che la vita è degna anche nella sua ambiguità.
Ogni giorno, amiamo la vita così com’è, oltre la disperazione dell’istante, cerchiamo di restituire al finito la sua dignità.
Ogni giorno, accoglienti e attenti, a rendere presente ciò che è lì ad attenderci.
Ogni giorno, vieni nel mio presente, che sia un nuovo inizio di vita che mi sciolga le ali.
Ogni giorno sia il tempo della pazienza e della tenerezza, il tempo dell’amore per la verità
e a sera il frutto sia il pane quotidiano e la tua presenza più forte.

 

 sr. Francesca Langella ap

 

 

LASCIARSI TROVARE DA DIO

SOLENNITA’ DELL’ IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – 8 dicembre 2017

Forse non sarebbe sbagliato intitolare il primo capitolo di Luca
«L’annuncio dell’angelo a Jahvè», più che «L’annuncio dell’angelo a Maria»!
Perché l’angelo è andato di corsa da Dio e gli ha riferito:
«Finalmente! Una creatura umana ha detto sì con amore, con trasporto!»
Chissà come fu rapido al ritorno l’angelo Gabriele!

(don Tonino Bello)

 

Dio è in cerca di te: ora. Dio è in cerca di ogni sua creatura sempre: “Dove sei?” (Gen 3,9). Puoi nasconderti, scoprirti nudo, aver paura, non riconoscere Dio e non fidarti di lui, come Adamo. O puoi lasciarti trovare, incontrare, amare, come Maria. A te la scelta, a te la libertà. L’angelo Gabriele, mandato da Dio, non fa un viaggio a vuoto, ma si reca a Nàzaret, entra in casa e trova Maria! Maria si lascia cercare e trovare da Dio e forse… desiderava e aspettava proprio un segno! Dio arriva nella quotidianità, non stravolge la vita con eventi eccezionali. Dio non è un fuoco d’artificio ma è simile a una fiamma da alimentare nel tempo, con passione e pazienza.

Spesso pensiamo: “Ma Maria era Maria…io chi sono? Come posso rispondere a Dio?”. Tu sei figlio di Dio ed è lui che ti dona la forza di rispondere: è l’Emmanuele il Dio-con-noi. Egli vuole semplicemente entrare nella tua casa per renderti felice, desidera incontrare la tua vita così com’è, per renderla più umana… più simile alla sua!

In quest’ultimo tempo dove ho incontrato e percepito la presenza di Dio? Da cosa o da chi mi nascondo per non farmi trovare da Dio?

Arrivando da Maria l’angelo la saluta: “Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Maria ha scoperto e riconosciuto la sua identità: è piena di grazia, piena di Dio, piena di amore, ha fatto esperienza di Dio, è amica di Dio…si riconoscono.

“In Cristo Dio ci ha scelti” (Ef 3,4). Dio non cerca a caso, ma sceglie con attenzione ogni persona per chiamarla a vivere una relazione, un’avventura meravigliosa, una storia d’amore, un progetto, una missione particolare. Maria è profondamente consapevole di essere uno strumento nella mani di Dio, e che solo la potenza del suo Spirito formerà in lei Gesù, e sa che “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Allora può dire con coraggio e umiltà: “Sì, …ci sto, …voglio fidarmi”. Solo la fede ci fa fare il passo giusto al tempo giusto, e la fede è un attimo, un salto ad occhi chiusi, che non si può spiegare o possedere con la ragione.

Cosa mi sta chiedendo oggi Dio? Ed io…come sto rispondendo?

Anche tu oggi se fai silenzio, se ascolti bene, se apri la porta del tuo cuore, puoi lasciar entrare quell’angelo di Dio che è venuto a cercare proprio te e che ti chiede di far nascere Gesù nella tua vita, quella concreta, sì, fatta di incontri, studio, lavoro, famiglia, impegni, amore, amici… e puoi far tornare di corsa l’angelo da Dio per portargli una bella notizia: il tuo sì! E allora, cosa aspetti? Non nasconderti! Lasciati trovare!

 

Riferimenti liturgia della Parola: Genesi 3,9-15.20; Salmo 97; Efesini 1,3-6.11-12; Luca 1,26-38.

 

Preghiera: Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci un’anima vigiliare. Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore la passione di giovani annunci da portare al mondo, che si sente già vecchio. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici ministri dell’attesa. E il Signore che viene, Vergine dell’avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano. (don Tonino Bello)

 sr. Francesca Langella ap

 

DESIDERATE PER ATTENDERE!

I Domenica di Avvento 3 dicembre 2017

 

 

“Nessuno potrà vivere la mia vita al posto mio.
Per quanto mi identifichi nel battito di un altro,
sarà sempre attraverso questo cuore”.

(Mezzogiorno, Jovanotti)

 

Cosa si aspetta? Qualcosa o qualcuno di cui si ha nostalgia, che si desidera incontrare di nuovo. Si attende qualcosa di bello, qualcuno che ha reso piacevole un momento, una persona importante che ci ha fatto stare bene, che ci ha voluto bene…

Il ricordo di ciò che ho sperimentato mi porta a volerlo vivere ancora. Non vedo l’ora che torni! Come dimenticare quell’attimo? Oggi quale ricordo, desiderio abita il mio cuore?

È un po’ così che succede anche con Gesù. Perché aspettarlo? L’Avvento è quel “momento favorevole” (2Cor 6,2) che inizia in questa 1a Domenica e che ci prepara ad attendere e incontrare di nuovo Gesù. Solo se nel nostro cuore si nasconde un desiderio, un ricordo, una nostalgia di volerlo incontrare di nuovo, allora possiamo aspettare, vegliare, stare attenti, vigili e pronti per il suo arrivo o ritorno.

Gesù non arriva solo a Natale ma ogni giorno, nasce nelle nostre giornate storte e nuvolose e in quelle piene di sole. La chiave per incontrarlo e sentire nostalgia di lui è aver scoperto e toccato con mano… e col cuore…che è lui ad attenderci per primo, che ha nostalgia di noi, perché semplicemente ci ama e ama ognuno in modo unico.

La liturgia della Parola di questa domenica ci aiuta a percepirci proprio amati da Dio da sempre: “Signore, tu sei nostro padre, noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. (Isaia 64,7) E san Paolo aggiunge: “in Cristo Gesù siete stati arricchiti di tutti i doni” (1Cor 1,4).

La vita è sempre e solo essenzialmente un dono, un’opera di Dio: è lui che plasma, modella secondo una volontà e un progetto di bene, di pace. Sento la mia vita un dono di Dio?

L’opera di Dio si compie davvero in noi se mettiamo in gioco tutti i doni di cui siamo resi ricchi. Quale dono oggi sono chiamata a mettere a servizio? Questo sentirci custoditi nelle mani di Dio e arricchiti dei suoi doni è la condizione per attenderlo, per cercarlo, desiderarlo, aspettarlo, per non addormentarci e per rispondere, come i servi del vangelo, con coraggio, fede e gioia a quel compito, quella chiamata che da sempre ha pensato per noi e che nessuno può fare al posto nostro!

 

Riferimenti liturgia della Parola: Isaia (63,16b-17.19b;64,2-7); Salmo 79/80; 1Corinzi (1,3-9); Marco (13,33-37)

 

Preghiera di colletta

O Dio, nostro Padre,
nella tua fedeltà che mai vien meno ricordati di noi,
opera delle tue mani, e donaci l’aiuto della tua grazia,
perché attendiamo vigilanti con amore irreprensibile
la gloriosa venuta del nostro redentore, Gesù Cristo tuo Figlio. Amen.

sr. Francesca Langella ap

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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@ ESSERE O DOVER ESSERE…

È una scelta difficile: quanto ti fai condizionare da quello che gli   altri si aspettano da te,

dall’idea che si sono fatti di te, dall’immagine che sei costretto a mantenere, perché ormai tutti credono che sei così?

 

 

 

 

@ NELLA TUA GABBIA 2X3 METTITI COMODO…

Ci sono cose, realtà, situazioni, persone, che ti fanno sentire stretto/a? Che non ti fanno respirare? Come le affronti? Fai in modo che questo cambi (perché preferisci stare largo!), o è meglio non faticare troppo, rimanendo “comodo/a” nella tua gabbia?

 

@ SOCI ONORARI AL GRUPPO DEI SELFISTI ANONIMI…

Ci sono persone che per sentire di esistere hanno bisogno di immortalarsi, di fermare la loro immagine… ma tu non sei un fermo-immagine! Sei altro! E così rischiamo di rimanere anonimi… assenti agli occhi degli altri.

Anche tu fai parte di questo gruppo?

 

 

 

 

 

@ RISPOSTE FACILI…

Come stai? Cosa hai fatto oggi? Cosa ne pensi di questa cosa?

Tu come rispondi a queste domande? “Idem a quello che ha detto Sara…; lo stesso…”. Facile rispondere così! Ma la vita ti chiede di metterti in gioco: sei tu a dover rispondere alle domande che ogni giorno incontri!

@ COMUNQUE VADA PANTA REI…

“Ma si…è uguale…cosa succede succede…se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po’ più in là”.

Sei sicuro che il mondo va avanti anche senza di te?

Penso di si. Ma nel tuo piccolo tu puoi fare la differenza; e se tutti nel loro piccolo facessero la differenza, cambierebbe il mondo

 

 

 

@TUTTI TUTTOLOGI COL WEB, COCA DEI POPOLI, OPPIO DEI POVERI…

Internet crea dipendenza: ci fa credere di aiutarci a stare bene,ma poi ci lascia soli.

 

 

 

 

 

 

 

a cura di Francesca Bellucci, giovane in formazione AP

 

 


 

 

Dal vangelo secondo Matteo (26,36-46)

Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». 

Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

 

 

******

 

 

Gesù è in un momento chiave della sua vita, ancora una volta… questa però sarà una “puntata” decisiva più delle altre. Gesù ha spezzato il pane con i suoi, sa che Pietro è fragile e non glielo nasconde e in questo momento così carico e denso si dirige con i suoi in un podere chiamato Getsèmani. Getsèmani vuol dire frantoio dell’olio, luogo di lavorazione quindi. E Gesù lavora sodo quella notte nel frantoio della volontà di Dio, come in quei quaranta giorni e quaranta notti dove ha vissuto di fame e tentazioni. Nel frantoio laborioso della volontà di Dio, Gesù è chiamato a lavorare una scelta, quella di “restare” fino in fondo dando compimento alla sua esistenza, oppure la scelta di rinunciare.

 

 

E noi? Io? Tu?

Neanche a noi è risparmiato questo “lavoro”, neanche a noi sono risparmiati momenti in cui dobbiamo fare scelte, dalle più piccole e quotidiane a quelle che mettono in moto il nostro futuro!

Gesù ha avuto paura e anche io ho paura, di perdere qualcosa, di fallire, di rischiare. Ma se è vero che scegliere significa anche rinunciare a qualcosa, non è questo il motivo per cui scegliere è più o meno bello. Scegliamo perché solo questa è la possibilità di essere quello che è il nostro più vero e profondo desiderio: essere liberi. Gesù ci insegna, questa domenica, come esserlo davvero; Gesù ci mostra che se Dio ci affascina, desideriamo la nostra vita in sintonia con Lui, allora siamo davvero donne e uomini liberi (cf s. Agostino).

 

E tu? Che farai?
La vita è un dono di Dio…
pensa, prega e scegli bene!

(cf b. Alberione)

 

 

E, se ancora manca il coraggio, papa Francesco ci ricorda:
Rischia. Chi non rischia non cammina.
“Ma se sbaglio?”.
Benedetto il Signore!
Sbaglierai di più se rimani fermo!

 

Giulia Antonazzo, giovane in formazione AP


 

Dal Vangelo secondo Giovanni (11,1-45)

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Il Signore ascolta la voce del mio pianto.   Sal 6,9

 

Tu piangi Signore, no, non ti vengono gli occhi lucidi, ma scoppi in un pianto fragoroso.
Davanti alla morte anche tu non puoi che fermarti e piangere e, a quanto pare, per lungo tempo… finché non sei arrivato al sepolcro.
Io mi vergogno sempre un po’ di piangere, mi sembra quasi una mancanza di fede.
Eppure davanti al dolore di Marta e Maria sorelle del tuo grande amico, ti lasci coinvolgere nel profondo della tua umanità e piangi.

 

Sono sicura che Gesù si commuove anche del mio, del tuo dolore e piange insieme a noi.
Quando ci lasciamo prendere dalla disperazione, ci chiede la fede che ha chiesto a Marta e Maria e poi si ferma a piangere e pregare con noi.
Sono abituata a vedere e a pensare a Gesù come un vero uomo (e un vero Dio!) tutto d’un pezzo…
Qui, però, ci mostra un tipico tratto dell’umanità che ha voluto sposare: il pianto che scaturisce da un profondo dolore. Vi confesso, che questo mi lascia senza parole, ma allo stesso tempo mi conferma che mi capisce, che mi è vicino.

 

 

Forse anche noi come Marta, a volte rimproveriamo il Signore “Se tu fossi stato qui”…. Perché non lo sentiamo abbastanza vicino, perché nel dolore i dubbi crescono, e lui invece continua a camminare con noi. Attenzione però!!! Questo brano non finisce con un pianto disperato, ma con una risurrezione. Il dolore, per quanto grande possa essere, non è mai la mèta finale. Prendi in mano quello che ti fa soffrire, consegnalo a Dio e se ti va ad una persona di cui ti fidi.
Provaci ti assicuro che starai meglio.

 

Fede e coraggio nel dolore, per uscire da esso, non sono belle parole, ma le assi su cui possiamo camminare nei momenti bui, perché no, anche traballando un pochino. Ricordalo sempre, l’ultima parola è l’invito di Gesù a venire fuori, insieme a lui. Gesù «non abbandona quelli che ama»* e tu sei tra quelli!

 

Deborah Fraschetti, novizia delle Suore Apostoline

 

* Agostino, In commento al Vangelo di san Giovanni 49,5

 

 

 


 

 

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (9,1-41)

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

 

 

*****

È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.

Salmo 36,10

 

Chi crede non resta cieco: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?»…..«Credo, Signore!».

Coloro che sembrano rimanere ciechi invece, sono i farisei, sempre impegnati ad inseguire Gesù per deriderlo.

Alla fine del brano gli fanno una domanda che mi è rimasta nel cuore: «Siamo ciechi anche noi?»

È la domanda di chi crede di sapere già tutto, di chi crede di aver visto già tutto e quindi di non potersi stupire più di niente.

Mi piace pensare che la risposta di Gesù li ha fatti riflettere sulla loro cecità.

Una cecità che a volte colpisce anche me, quando credo con sufficienza, quando penso che ormai già conosco Dio e i suoi piani.

Una cecità che mi porta a guardare l’altro secondo i miei schemi e mi chiude alle sorprese che possono arrivare.

 

Però ci sono anche quelle volte che mi lascio intercettare dallo sguardo di Gesù , sinceramente mi chiedo quale novità vuole donarmi e provo a guardare per davvero.

Allora mi dico e ti dico: Cominciamo a guardare quante cose abbiamo a disposizione, quante bellezze ci sono davanti ai nostri occhi , di cui nessuno verrà mai a chiederci il conto, e quante persone ci sono vicine.

Fermati un istante… ringrazia Dio per la sua gratuità , scrivi almeno una delle cose che ti ha donato durante il giorno e pregalo affinché possa concederti OCCHI NUOVI.

Ti accorgerai, come me, che la tua vita è piena di doni; ti accorgerai, come dice papa Francesco che “CHI CREDE VEDE”*.

Vedrai che le tue giornate cambieranno e comincerai a vedere di più il positivo.

Parola di chi pensava di vedere….ma non aveva mai guardato veramente.

 

 

Deborah Fraschetti, novizia delle Suore Apostoline

 

 

* LUMEN FIDEI, Lettera Enciclica di papa Francesco

 

 

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Dal Vangelo secondo Giovanni (4, 5-15.19b-26.39a.40-42)

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

*****

 

Se in questo momento stai leggendo queste parole vuol dire che, molto probabilmente, sei collegato ad Internet.
Perfetto! Appena puoi cerca su Youtube la canzone “Esci fuori!-Missione giovani Pisa” oppure ascoltala semplicemente da questo video.

 

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Ci facciamo accompagnare da alcune parole di questo brano per compiere la nostra missione di oggi: USCIRE FUORI!
Era circa mezzogiorno. Giunge una donna Samaritana ad attingere acqua” (Gv 4,6)
La Samaritana per andare a prendere l’acqua al pozzo esce fuori a mezzogiorno, una delle ore più calde.

Ti domando: hai sete, hai bisogno di acqua e decidi di uscire per andare a prenderla proprio nelle ore in cui il sole batte più forte.
Che senso ha? Chi e che cosa te lo fa fare?Forse la paura: la paura di incontrare gli altri, la paura di incontrare chi ti giudica per la regione a cui appartieni( come accade a questa donna), la paura di…
Allora esci fuori…dalle paure! Dalle convinzioni che gli altri non ti sappiano amare per quello/a che sei…dentro! (e non per il vestito che ti viene cucito addosso)

La donna arriva al pozzo,ma…sorpresa! Il pozzo diventa il luogo dell’incontro: proprio lì dove in qualche modo cerchi rifugio, ti nascondi, trovi chi scopre le tue carte: Gesù. Che è già li, in attesa di qualcuno a cui poter dire “Dammi da bere” (Gv 4,7).
Allora esci fuori…da dentro te! Perché è proprio quando ti ripieghi su te stesso/a, sui tuoi bisogni che arriva qualcuno che ha bisogno di te.

Come la Samaritana domanderai “ perché proprio io? Io che non so fare, non so dire, non ho questo, non ho quello, non sono abbastanza…io che sono sbagliato/a.”
E così cominciano le mille domande…per capire meglio? Per vedere in modo più chiaro quello che ti viene chiesto? (Così riesci a dare la risposta giusta!)
O per sfuggire? Per girare intorno? Giri, giri, giri nella speranza che l’altro si perda (e anche tu!) e molli la presa?
Prova a pensarci: come rispondi alle domande che ti vengono fatte?

 

C’è però un piccolo dettaglio che ogni tanto ci sfugge: l’altro non sempre è disposto a cedere. Per fortuna! Lasciamelo dire.
Perché “se tu conoscessi il dono” (Gv 4,10), se tu ti rendessi conto di quello che sei e che vali, non scapperesti.
Ma l’altro lo sa. Gesù conosce bene il cuore di questa donna e anche il tuo!
Se ti metti in ascolto delle Sue domande, delle domande delle persone che attraversano la tua vita, le tue giornate, di chi incontri al pozzo a mezzogiorno, puoi cominciare a muovere un passo dopo l’altro per arrivare a dire:

 

Esco fuori da me,
dai nascondigli e dagli inganni,
con tutti i miei dubbi e gli sbagli
e va bene anche se non riesco ad amarmi”
perché
la vita non serve se non esce fuori!

Francesca Bellucci, giovane in formazione AP


 

Dal Vangelo secondo Matteo (17,1-9)

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete».Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

*****

OGNUNO È ALLA RICERCA
DI 
UN PO’ DI PANE
UN PO’ DI AFFETTO
E DI SENTIRSI A CASA
DA QUALCHE PARTE (Luigi Verdi)

 

Sei seduto/a? Bene!

Se in questo momento, invece, sei in piedi, mettiti a sedere e, mi raccomando, in una posizione comoda…
È questo l’obiettivo di oggi (almeno per oggi, ma ti auguro di raggiungerlo ogni giorno!): fermarsi!

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni…”(Mt 17,1).

Nei Vangeli vediamo continuamente Gesù che và in giro portandosi dietro gli Apostoli; li vediamo sempre presenti là dove Gesù fa, agisce.
E ora? Chissà cosa andranno a fare…
Pensa a come vivi le relazioni con i tuoi amici, con le persone che fanno parte della tua vita.
Cosa fate quando state insieme?

 

 

Gesù girava con gli Apostoli per guarire, toccare, sanare, guardare, parlare,…
Erano davvero un tutto fare! Erano sempre lì dove qualcuno aveva bisogno.
Ma questa volta accade qualcosa di diverso: “e li condusse in disparte, su un alto monte”(Mt 17,1).
So cosa penserai: non è la prima volta che Gesù sale su un monte. È vero; una volta si è ritrovato a sfamare la folla (Gv 6,3), ad esempio. Ma oggi niente folla, anzi, conduce i discepoli “in disparte”. Gesù ha bisogno di rimanere solo con loro, perché sente un bisogno, un bisogno che sentiamo tutti (io, tu (non mi dire di no!)…tutti! Siamo sinceri!): farsi conoscere.

Penso alle mie amicizie, alla mia famiglia, alle persone che amo (sono quelle per le quali la cosa che più desidero è il loro bene).
Arriva sempre il momento in cui fermarsi e donare all’altro quello che portiamo dentro, il nostro vero volto, che ci ostiniamo a custodire e nascondere in una scatola di cristallo, le nostre relazioni per andare oltre la superficie, per essere vere e profonde non possono essere sempre un fare: stasera usciamo e andiamo a bere qualcosa, mentre stiamo insieme mandiamo messaggi vocali a persone che si trovano su un altro pianeta (e l’altra persona che è con me??); domani al cinema, in ultima fila, a vedere il film del momento; poi c’è la passeggiata fra i negozi, immersi fra la gente, alla ricerca dell’altra metà della mela.

Siamo sempre all’affannosa ricerca su come riempire il nostro stare con gli altri.
Allora oggi è il momento giusto, è il momento favorevole, per uscire, trovare un posto (una panchina, il marciapiede della strada, il motorino, un prato, il tavolino di un bar, il divano di casa…lascio a te la scelta!), metterti a sedere, guardare l’altro negli occhi e chiedergli “come stai?”.
Sono sicura che anche tu, come Pietro, ti ritroverai a dire “È bello per me stare con te! Se vuoi farò qui due tende, una per me e una per te” (cf. Mt 17,4).
Dove si sta bene, dove possiamo essere noi stessi, quella per me diventa casa, un luogo da abitare, dove stare, da dove partire e dove ritornare; un luogo con la porta sempre aperta.

 

Scoprirai di essere tu tenda, casa, per l’altro, che diventa casa per te.
“Perché si torna sempre dove si è stati bene, e i posti sono semplicemente persone”, canta Chiara (“Nessun posto è casa mia”)
Ti lascio anche queste parole…perché tutto possa parlare al tuo cuore!
“La casa è luogo della memoria. Dove la voce parla sempre” (Franco Nembrini)

 

Francesca Bellucci, giovane in formazione AP


 

Dal Vangelo secondo Matteo (4,1-11)

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

*****

Siamo ormai proiettati alla prima domenica di Quaresima, tempo che ci accompagnerà preparandoci alla Pasqua. Nel brano del vangelo Gesù, dopo il battesimo nel Giordano e l’essere stato proclamato Figlio diletto, è condotto dallo Spirito nel deserto. Matteo ci dice che per ben 40 giorni e 40 notti (!!!) Gesù digiuna e che dopo questi giorni ha fame… Gesù ha fame ed è proprio in questo momento difficile del tempo nel deserto, quando la fame “prende allo stomaco”, che Gesù è tentato. Non quando tutto “fila liscio”, non quando sembra possibile far tutto… è quando ci sentiamo più stanchi, affaticati, deboli, proprio in questi momenti di minore energia, il Nemico riesce a farsi spazio.

La fame ha abitato la vita di Gesù e anche per noi non è difficile riconoscere momenti in cui la fame ci abita. Abbiamo fame di così tante cose… di sicurezze, di amore, fame di riconoscimento… La tentazione ci raggiunge quando manca il “pane” di queste cose nella nostra vita. Così come accade a Gesù, anche per noi una “vocina tentatrice” inizia a sussurrarci che non siamo all’altezza della situazione, neanche stavolta, come tutte le altre… Sentiamo dentro crescere il dubbio di non essere figli, fratelli, amici, degni di amore. A Gesù il tentatore dice più di una volta: “Se tu fossi il figlio di Dio”… quante volte anche noi pensiamo e finiamo per credere che se fossimo diversi, più belli, più buoni, più simpatici, più capaci… tutto sarebbe meglio! E così finiamo per vivere fuori da noi… finiamo col pensare SOLO e SPESSO a quello che non siamo, concentrati su quello che FORSE ci manca e non su TUTTO quello che siamo. Il nostro male è davvero allora, non comprendere quanto siamo belli! (Fëdor Dostoevskij).

Quante volte anche io mi sento così, te lo confesso… e quante volte questa tentazione di non bastare mai mi ha travolto! Un giorno, però, una persona mi ha detto che il male non sta nella tentazione ma nel fatto che noi le lasciamo il potere di gestire la nostra vita, le nostre relazioni, tutto! «Se sei il Figlio di Dio»… Noi quel SE non lo dobbiamo ascoltare, a quel SE noi non dobbiamo credere. TU, io non dobbiamo crederci! Quel dubbio, quel sospetto ha aperto la porta al Peccato nel mondo. Non dobbiamo scendere a compromessi con il Nemico, non dobbiamo credere a chi ci stima meno di niente (anche quando quel qualcuno siamo proprio noi!). Noi siamo immagine e somiglianza di un Dio che, anche se tradito mille volte, ancora chiede a Pietro, e chiede anche a noi: mi vuoi bene? Noi dobbiamo credere all’amore: questa è la nostra vocazione! Questo rende felici: non quanto noi amiamo ma quanto crediamo di essere amati. E il fatto che siamo Figli di Dio amati dipende da Lui e Lui è Amore!

E allora proviamo a camminare nel deserto coraggiosamente. Ci saranno tratti in cui avremo sete, momenti di aridità, di insicurezza, e di parole vuote. Dobbiamo credere ed essere forti, anche quando ci sembra di non avere niente. La meraviglia nasce quando ci troviamo ad essere piccoli davanti all’infinito. Mai solo la paura davanti al futuro, ma anche la meraviglia di poterlo costruire e la speranza, sempre accesa, che proprio il deserto è il luogo dove si può avere un vero incontro con Dio.

Ti regalo queste parole del Piccolo principe di A. De Saint-Exupéry, che mentre ti scrivevo io stessa ho incontrato: “Ebbi un gesto di stanchezza: è assurdo cercare un pozzo, a caso, nell’immensità del deserto. Tuttavia ci mettemmo in cammino. «Ciò che abbellisce il deserto», disse il piccolo principe, «è che nasconde un pozzo in qualche luogo… ». Quando ero piccolo abitavo in una casa antica, e la leggenda racconta che c’era un tesoro nascosto. Naturalmente nessuno ha mai potuto scoprirlo, né forse l’ha mai cercato. Eppure incantava tutta la casa. La mia casa nascondeva un segreto nel fondo del suo cuore… «Sì», dissi al piccolo principe, «che si tratti di una casa o del deserto, quello che fa la loro bellezza è invisibile». … e così camminando, scoprii il pozzo al levar del sole. ….gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore”.

Sì, crediamo che, come diceva don Tonino Bello, non esistono passi, non esiste fedeltà senza questo rischio: CREDERE ALL’AMORE!!!

Giulia Antonazzo, giovane in formazione AP

 

 


Nel ritmo della PREGHIERA

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Ti proponiamo per favorire il tuo tempo di preghiera il metodo che Don Alberione ha lasciato alla Famiglia Paolina e alle Suore Apostoline,
secondo la nostra spiritualità centrata su Gesú Maestro, Via, Verità e Vita.

Ogni volta che vuoi entrare in un tempo di preghiera personale con la Parola di Dio oppure nell’Adorazione Eucaristica, fai tua questa preghiera:

Credo, mio Dio,
di essere dinanzi a te
che mi guardi ed ascolti
le mie preghiere.

Tu sei tanto grande e tanto santo
io ti adoro.

Tu mi hai dato tutto:
io ti ringrazio.

Tu sei stato tanto offeso da me:
io ti chiedo perdono con tutto il cuore.

Tu sei tanto misericordioso:
io ti domando tutte le grazie
che vedi utili per me.

 La forza della vita 3

GIOVEDÌ QUARTA SETTIMANA DI AVVENTO 22 dicembre 2016

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,46-55)

In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. 
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; 
di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 
ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 
come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

 

Siamo ormai alla vigilia del Natale e in questo ultimo giovedì di Avvento prepariamo il nostro cuore all’incontro con il Bambino Gesù facendo nostri i sentimenti di Maria mentre canta il Magnificat. Preghiera splendida questa di Maria, che la Chiesa ripete ogni sera per non far mancare il sapore del grazie in qualsiasi vicenda della vita. Il Magnificat è un canto all’insegna della gioia, come firma indelebile della presenza di Dio. Maria nel Magnificat ci regala un viaggio nella sua interiorità. Lei sa guardare a se stessa come la guarda Dio e sa leggere la storia come la legge Dio.
Ecco la sorgente del Magnificat di Maria. Una preghiera detta in prima persona a partire dalla sua storia personale, dal riconoscimento di tutto ciò che Dio ha fatto per lei, ma anche con uno sguardo subito proteso fuori di sé, attento a riconoscere i passaggi di Dio nella storia e a lodarlo per il Suo modo di essere presente in essa. Oggi ti propongo di stare in compagnia di Maria per “riscrivere il tuo personale Magnificat”. Se non lo potrai fare in questi giorni, sicuramente occupati in altri mille impegni, te lo lascio come proposta del Natale di ogni giorno. Un dono da aprire delicatamente giorno dopo giorno per ritrovare le grandi cose che Dio ha fatto per te e cantare, con la vita, la tua lode al Signore della vita.

Ripercorri le parole di Maria, pregandole lentamente.

L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore: il dono più grande che Dio ti può fare è poterlo riconoscere per ciò che è. Maria spontaneamente sposta subito il centro dell’attenzione da lei a Dio. Operazione sempre molto difficile per noi così abituati a metterci al centro di tutto…
Allora un piccolo e concreto esercizio spirituale: prova a spostare l’attenzione da te per dare a Dio il suo posto. Lascia spazio al riconoscimento di ciò che Dio fa per te e attorno a te. In base a chi metti al centro dei tuoi interessi, della tua preghiera, tutto cambia.
Maria ha sperimentato una gioia incontenibile. Solo il verbo magnificare è riuscito a raccontare che Dio è il tutto della sua vita, è il Tu a cui è possibile donare tutto l’amore di cui si è capace. Una gioia che si è fatta esultanza, cioè danza in quella musica composta dal Signore per la sua vita e in cui non poteva far altro che lasciarsi trasportare e coinvolgere. Tutti i doni che Lui ti elargisce sono finalizzati a farti partecipe del bene che ti vuole, sono i segni del suo amore per te, regali preziosissimi dell’amato per la sua creatura amata. È importante non smettere di riconoscere i doni che Dio ti ha fatto, non per insuperbirtene ma per partecipare alla gioia del Signore che li ha pensati proprio per te. Se pensi che tu non sei niente per meritarti le sue premure e attenzioni, prova a guardare l’agire di Dio: non è per alcun merito che Lui pensa a te ma perché ti ama come nessun altro. È la sua misericordia che si manifesta amandoti e questo non è frutto di nessun merito personale
Sei invitato ad entrare nella scuola dell’umiltà per riconoscere quello che Lui ha già fatto per te e in te.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente. Maria ha permesso a Dio di incontrarla nella più completa povertà per riconoscere cosa Lui ha compiuto in lei.
Anche tu sei chiamati ad aprirti al riconoscimento di quanto Dio ha fatto per te. È opportuno lasciare da parte il lamento, sempre pronto a rendere amara la vita, per far scaturire nella personale esperienza i motivi reali della lode a Dio. Parti da un fatto concreto che ti è accaduto e di cui vuoi ringraziare il Signore. Alcune volte basta cogliere un piccolo motivo di lode per vedere come esso è solo uno di una lunga catena di eventi.
Riconoscere le grandi cose che Dio ha fatto per noi, non significa chiudere gli occhi di fronte ai periodi oscuri e difficili vissuti, o che forse stai vivendo. Anche in questi c’è sempre l’opportunità di vedere questi momenti in una luce diversa: Dio ti ha guidato nella paura e nella difficoltà, nella solitudine e nell’oscurità. Solo con Lui è possibile guardare la vita non come dato scontato, ma è possibile imparare ad apprezzare anche le piccole normalità che sono talmente “normali” che non fanno rumore… (cf Sal 26; Sal 138).

Di generazione in generazione Più ti fermi a considerare cosa Dio compie in te, più il cuore, si apre anche al riconoscimento di come Lui agisce nella storia. Ecco gli evidenti contrasti che spiegano la logica dell’agire di Dio. Niente di ciò che sembra fare storia oggi, segue la logica di Dio. Tutto sembra far rumore ed esaltare se stesso, mentre Dio segue sempre la strada del nascondimento e della piccolezza. Maria ripercorrendo la storia della salvezza ha capito il modo di agire di Dio e come si stavano compiendo le promesse. Maria ha avuto la certezza che in quel bimbo che cominciava ad esistere in lei, Dio stava portando a compimento la storia della salvezza e come per l’antico Israele il suo braccio si stava manifestando per far uscire da tutte le situazione di miseria il povero e l’oppresso, come un tempo aveva fatto uscire Israele dall’Egitto.

Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore…  Maria ha capito che i superbi non possono far posto a Dio perché sono già pieni di stessi. Dio non può raggiungerli, non c’è spazio per Lui, se è già tutto pieno. Se Dio guarda chi è in basso e gli ridà dignità, chi sta in alto non si accorge nemmeno del suo passaggio, perché lo sguardo di Dio lo si incrocia solo nell’umiltà. Se i ricchi hanno già tutto, le loro mani sono troppo occupate per ricevere. Solo chi non ha niente può stendere le mani, non come atto umiliante, ma come atto liberante di chi sa che riceverà solo ciò che realmente gli serve, perché ciò che Dio non concede non è per il bene della persona.
Il vero povero è colui che sa ricevere quanto realmente gli serve, non chiede di più e non pretende il superfluo. E le sue mani non sono avide nel trattenere ma aperte nel  ridonare. Per il vero povero è anche spontaneo condividere, perché conosce la fatica del vivere e conosce la logica della condivisione. Solo rendendo umili i superbi, poveri i ricchi, abbassando i potenti, Dio potrà metterli in quella condizione in cui possano riconoscere di avere bisogno di Lui. È possibile lasciare un tempo nella tua preghiera per rileggere la storia a partire da queste categorie di contrasti: superbi-potenti/umili; affamati-ricchi, non per giudicare ma per prendere posizione e per decidere dove stare se vuoi incontrare Dio.

Riscrivendo il tuo personale Magnificat ricorda che:

Dio “disperde” la tua arroganza, ogni volta che ti fa sperimentare il tuo limite e la tua impotenza.
Lui ti butta giù dal trono del tuo egoismo, in cui invece staresti così comodo, per farti gustare la vita nelle sue conquiste quotidiane.
Dio eleva quanto in te è più povero e che tu, al contrario, vorresti facilmente nascondere. Perciò non far tacere quella parte di te che non ti piace e vorresti che non ci fosse. Quando tu ti senti niente, umiliato, impotente, sbagliato… proprio lì Lui ti raggiunge per risollevarti nella più piena dignità.
Dio non manca mai in generosità e con i suoi doni sazia quella fame di pienezza che è in te. Con la Sua presenza Lui appaga soprattutto il tuo desiderio di Lui.
Dove pensavi di essere ricco ti fa comprendere che solo mani vuote possono accogliere la sua straordinaria ricchezza. Quando pensi che la logica del Magnificat è assurda e anacronistica, prova a riconoscere i piccoli e fragili segni del Regno presenti attorno a te, incontra persone che realmente sono povere, umili, abbandonate e lasciati educare da loro. Non accontentarti di una vita cristiana mediocre ma condividi un po’ del tuo tempo con chi sta coltivando una sensibilità per rendere credibili i valori evangelici. Ascolta ciò che provi in quei momenti e prova a pensare se il Magnificat non sta diventando parte di te! Dio probabilmente ti si manifesterà allora come eterna fedeltà che nutre i tuoi giorni e continua a scrivere con te quella storia sacra iniziata in Abramo, realizzata in Maria, portata a compimento in Gesù totalmente Figlio di Dio e totalmente figlio di Maria.

sr. Marina Beretti, ap


La forza della vita 2

GIOVEDÌ TERZA SETTIMANA DI AVVENTO 15 dicembre 2016

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,24-30)

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:  «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:  “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,  davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.  Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro».

 

Tra i testimoni dell’Avvento in modo splendido emerge Giovanni Battista colui che ha vissuto “nell’attesa di…” e “facendo spazio a…”.

Oggi è Gesù che ce lo presenta nella sua vocazione- missione e ci aiuta a far emergere alcuni indicazioni utili per il cammino della ricerca della nostra vocazione personale. Se rileggi il brano ti accorgerai che la liturgia, in questo III giovedì di Avvento ci ripropone, nella versione di Luca, il Vangelo che la liturgia ci ha offerto domenica scorsa. Se vogliamo capire meglio questo brano, non possiamo staccarlo dai versetti che lo precedono (cf Lc 7,19-23). Ogni brano del Vangelo lo si comprende meglio dentro il contesto in cui è inserito. In questo caso il Vangelo di oggi lo si comprende meglio dentro tutta la storia del Battista.

Entriamo nella scena. Sono appena andati via le persone mandate da Giovanni per sciogliere i suoi dubbi riguardo Gesù. Non deve essere stato facile per il Battista. Tutta una vita passata ad annunciare che il tempo dell’attesa è giunto a compimento ed ora l’oscurità, il silenzio interiore, il terrore di aver fallito. Tocca il cuore quest’uomo: mentre sa che la sua vita avrà presto termine, consegna a Gesù la sua oscurità e rimette nelle sue mani tutto quello che teneva nascosto dentro i suoi dubbi: “Sei tu… o dobbiamo aspettare un altro?”.

Gesù non ha consegnato a questi inviati una risposta affermativa, non ha rimproverato il Battista dicendogli: “Cosa ti viene in mente? Sì sono io!”. Gesù ha preso sul serio il suo dubbio e, nell’accoglierlo, ha invitato Giovanni a guardare a quei segni che lo fanno riconoscere nella storia: i poveri, gli ultimi, i malati, i peccatori ritrovano speranza e riprendono il cammino della vita.

Tu hai mai provato a consegnare a Gesù le tue domande, i tuoi dubbi?

 

Poi Gesù si rivolge direttamente a chi lo sta ascoltando. Sembra provocarli, ripetendo per ben tre volte la stessa domanda: “che cosa siete andati a vedere nel deserto? ”. La fama di Giovanni ha attirato molte persone e le sue parole concretissime hanno sconvolto molti cuori e messo in crisi un modo di vivere contradditorio. In tanti hanno cominciato quel processo di cambiamento che si chiama conversione. Perché? Per la sua capacità oratoria? Per la sua voce altisonante che graffia l’anima? Per il suo stile di vita rude ed essenziale? Perché?

Fermati un attimo su questo passaggio: anche tu puoi essere attratto da un testimone che ti tocca dentro per ciò che dice, per come lo dice, per come vive. Se c’è questo “qualcuno” lasciati provocare da questa domanda di Gesù: “che cosa sei andato a vedere?”. Quali i tratti della sua personalità che più ti provocano?

Gesù sembra darci alcuni criteri per individuare le persone che vale la pena far diventare i nostri punti di riferimento. Alcune indicazioni:

1) Fai attenzione a chi, come canna sbattuta dal vento, non ha stabilità. Ci sono molti falsi testimoni capaci di dire belle parole ma incoerenti nella vita. Attirano per tanti motivi, ma poi non ti accompagnano lungo il cammino…

2) Fai attenzione a chi si presenta per ciò che ha e non per ciò che è. I falsi testimoni sono amanti del potere, della ricchezza e stanno a disagio dove avvertono che bisogna rimboccarsi le maniche per servire. Sono più pantofolai che camminatori. Non è poi così raro che sappiano prendere proprio la tua parte fragile per farti sognare cose superflue e che sciupano la tua vita, convincendoti che è possibile costruire su di esse il futuro.

3) Fai attenzione ai segni distintivi del profeta: franchezza nel parlare e coerenza nella vita. Tra i segni particolari del profeta ce n’è uno in particolare che fa la differenza. Il vero profeta non attira mai a sé ma prepara la via all’incontro che può essere decisivo per trovare senso alla vita. Apre cammini e dispone i cuori perché Gesù possa incontrare ed essere incontrato (se ti va leggi anche Gv 1,35-37).

Ecco chi è il grande Giovanni Battista: uno che ha preceduto per rendere possibile l’incontro, uno che ha aperto cammini perché la promessa diventasse realtà, uno che ha tracciato il sentiero perché Colui che è la Via possa essere per sempre la strada da percorre. Cerca di ripercorre la tua esperienza di vita e di fede. Traccia un identikit di un testimone che ha fatto del bene alla tua vita: cosa lo accomuna a Giovanni Battista? Quale speranza ha annunciato alla tua vita? Cosa ti è servito di più di ciò che ti ha detto per aiutarti nella tua ricerca? C’è un ultimo passaggio in questo Vangelo su penso sia bene fermarsi. È come se ci fosse un velocissimo zoom che improvvisamente si ferma. Gesù non si accontenta di indicare Giovanni il Battista come il più grande tra gli uomini. Gesù guarda verso di te, verso di me e ci fa riscoprire la nostra grandezza perché facciamo già parte dei “più piccoli” nel Regno Dio Gesù prende la nostra piccolezza e ci affida una missione grande: essere oggi tra i profeti che gli preparano la strada, aprono cammini, perché Lui possa incontrare la vita di molti.

Ci stai ad essere profeta così?

 

sr. Marina Beretti, ap

 


 La forza della vita 1

GIOVEDÌ SECONDA SETTIMANA DI AVVENTO 8 dicembre 2016

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». 
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

In questo secondo giovedì d’Avvento la liturgia ci offre un regalo straordinario facendoci immergere nel mistero dell’Eccomi di Maria in questa Solennità dell’Immacolata.

Maria è la Donna dell’Avvento e da lei possiamo imparare pienamente alcune parole chiavi per la nostra vita come: fiducia, disponibilità, ricerca, affidamento. Parola antiche e nuove nel vocabolario di chi desidera vivere in sintonia con Dio e con la sua volontà.

Il racconto dell’annuncio della nascita di Gesù a questa giovane donna di Nàzaret è certamente è uno dei brani più conosciuti del Vangelo.

Proprio perché letto tante volte, abbiamo la necessità di rileggere un po’ più al rallentatore questo brano, lasciando da parte il già conosciuto per entrare in questo evento di salvezza. Nel cuore di Maria non si può entrare con il “lo so già”, ma con la domanda di chi, con gli occhi della fede, ritrova la strada dello stupore e della meraviglia.

Puoi trovare in rete tantissimi commenti a questo brano, alcuni proprio ben fatti. Da parte mia provo a lasciarti alcune sottolineature che spero possano aiutarti nel tuo cammino vocazionale.

Nàzaret

La scena dell’Annunciazione si svolge a Nazaret, un insignificante villaggio della Galilea.

Nàzaret ci aiuta a capire che Dio viene a bussare alla porta della nostra povera storia, delle nostre realtà difficili, delle nostre situazioni di peccato, perché è nella Nazaret del nostro cuore che vuole riversare il suo amore e renderlo fecondo di vita. La Nazaret della nostra vita va contemplata, va amata, perché Dio la ama, la contempla, la vuole per sé.

  • So guardare alla mia vita come Dio ha guardato a Nazaret, con le sue realtà difficili, le sue situazioni di peccato, ma proprio per questo luogo in cui Dio vuole riversare il suo amore e renderlo fecondo di vita? Se guardo la mia vita come la guarda Dio, cosa scopro di me che prima non conoscevo?

Il messaggio dell’Angelo

Le parole che Gabriele rivolge a Maria ci aiutano ad entrare nel mistero di ciò che è veramente “vocazione”.
Vocazione è anzitutto un incontro di due libertà, quella di Dio e quella di chi è chiamato a rispondere.

La vocazione è dono: non siamo noi che facciamo qualcosa per Dio, ma è Dio che fa qualcosa per noi. Per questo nella “vocazione”, come ci testimoniano le parole dell’Angelo, è sempre presente un invito alla gioia.

Scoprire e vivere la propria vocazione non è cosa per musoni, per scoraggiati o rassegnati (tanto non ci posso far niente!) ma è sentire che da dentro nasce qualcosa di mai sperimentato prima, si coglie un disegno d’amore che prende tutta la vita, ci si sente non più soli, si scopre il proprio vero volto, si riconosce la propria identità di persone profondamente amate. E mentre facciamo questa esperienza intima di gioia scopriamo di essere chiamati per una missione, proprio come Maria che entra progressivamente nella comprensione di essere chiamata ad essere la madre del Salvatore.

Gratuità, gioia, gratitudine, missione sono iscritti profondamente nella vocazione di Maria, insieme alla concretezza della fatica di rispondere, di buttare all’aria i propri progetti per entrare nei progetti di Dio.

Prova a chiederti:

  • Mi soffermo sulle parole dell’Angelo: Gioisci – piena di grazia – il Signore è con te. Scelgo una di queste espressioni, cariche di memoria biblica e scopro ciò che maggiormente sto desiderando e attendendo per me.
  • Maria porta in sé un suo progetto ma lo confronta con quello di Dio, Maria è una che interroga Dio, che cerca con intelligenza dentro alla propria storia e vocazione. Io come mi interrogo, come dialogo con Dio su quello che Lui mi sta chiedendo?

Maria

Maria comprende le parole dell’angelo e rimane turbata. Il suo è un atteggiamento naturale, più che normale; desidera comprendere come Dio le ha fatto grazia. Il turbamento vero, di chi vuol far sul serio con Dio, è un turbamento che si domanda, dialoga, interpella, cerca.
Da questo momento in poi, vediamo come Maria è presa per mano dall’angelo, ed è portata a comprendere, a ricordare, a fare Lectio sulle pagine più significative della Scrittura: Non temere, Maria: come in molti racconti di vocazione, Dio, insieme a una proposta grande, pronuncia la sua parola di sostegno: “Non temere”.
Questo “Non temere” è servito a Maria per ritrovare la serenità e la possibilità di mettersi nuovamente in ascolto, ma può servire anche a noi quando ci troviamo in un turbamento simile a quello di Maria, in uno sconvolgimento analogo al suo quando ci viene a mancare la chiarezza di ciò che Dio vuole dalla nostra vita.
Maria può fidarsi: ciò che sembra impossibile agli occhi degli uomini è possibile al cuore di Dio. È facile perché impossibile!

Ecco la serva del Signore

Maria si dichiara “serva”, totalmente disposta a fare quanto Dio le chiede. Desidera fare spazio alla Parola che diventa carne in lei. Maria risponde l’“eccomi” della disponibilità e dell’accoglienza e dà la possibilità a Dio di dire quell’“eccomi” che da tutta l’eternità ha cercato di dire all’uomo.
Questo “eccomi” di Maria permette a Dio di dire, per sempre, il suo amore per gli uomini.
Cercare la volontà di Dio, la nostra vocazione, è far maturare la capacità di accoglienza del dono di Dio che noi siamo. E nella misura in cui comprendiamo di essere dono di Dio arriviamo a comprendere che l’intera nostra vita deve farsi dono a tutti.
Maria è la donna vera, libera, che non ha paura di dire “sono la serva del Signore”. In questo Eccomi, c’è tutta la sua disponibilità e l’obbedienza attiva di Maria.

Prova a chiederti:

  • Mi confronto con gli atteggiamenti di Maria che l’hanno portata a dire “Eccomi, sono la serva del Signore” e rivedo nella mia storia i passaggi della disponibilità e della fedeltà che già fanno le basi sicure per la comprensione e l’attuazione della mia scelta di vita.
  • Maria ascolta la Parola e diventa parola vivente. Anch’io genero al mondo Gesù ogni volta che ascolto e vivo la Parola. Verifico quanto e come sono in ascolto della Parola e quanto e come mi sento chiamato a “dare Gesù al mondo”, come Maria.

sr. Marina Beretti, ap


 

 

Stonehenge

GIOVEDÌ PRIMA SETTIMANA DI AVVENTO 1 dicembre 2016

Dal Vangelo secondo Matteo 7,21.24-27
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.  Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Ci sono delle provocazioni serie e forti nella liturgia di questo primo giovedì di Avvento.

Gesù non ama quelli che si riempiono di belle parole, sanno dire lunghe preghiere, riescono a fare della fede un rompicapo. Preferisce persone semplici ma concrete, capaci di fare giorno dopo giorno la santa fatica di passare dall’ascolto della sua Parola alla vita, traducendo in gesti di amore quello che Lui ha detto e permettendo alla Parola di tracciare la direzione del cammino .

E poi con l’immagine delle due case Gesù ci invita a porre attenzione a quel lavoro impegnativo ma necessario che si chiama “lavoro in profondità” perché le fondamenta della nostra vita appoggino su un terreno solido, capace di far fronte a tutte le intemperie, o preoccupazioni, o imprevisti della vita.

Seguire Gesù non è una polizza di assicurazione che ci garantisce contro tutti gli sconvolgimenti che anche noi incontriamo, come tutti, sul nostro cammino.

Seguire Gesù è imparare a vivere qualsiasi evento della nostra storia sapendo che è Lui la roccia stabile, sicura, fedele, tenera e forte su cui trova stabilità, sicurezza, fedeltà, futuro la nostra vita.

In compagnia del Vangelo del giorno ti propongo un esercizio spirituale che può aiutarti a fare più tuo questo brano del Vangelo. Prova a riflettere:

  • La mia vita è piena di tante parole ma di pochi fatti? Solo per oggi mi propongo di prendere una delle tante parole che ripeto più spesso, ma che non mi fa sperimentare gioia, e trasformarla in un gesto di vita per qualcuno che non se l’aspetta.
  • Su quale fondamento sto costruendo la casa della mia vita? Cosa, fino ad ora, le ha dato consistenza? Scelgo un versetto della Parola di Dio che mi aiuti in quel lavoro di scavo per appoggiare le mie scelte sulla roccia stabile che è Gesù.

sr. Marina Beretti, ap

 


Esercizio di preghiera

  • La prima cosa da fare è scegliere un luogo di preghiera (una chiesa, la camera, un giardino…) che favorisca l’ascolto di Dio.
  • A questo punto, è bene presentare a Dio un desiderio che si porta in cuore (il desiderio di capire meglio qualcosa, il desiderio di ascoltarlo, il desiderio di trovare pace in una determinata situazione… questo per stabilire l’incontro personale con il Signore, senza il quale tutto potrebbe ridursi ad esercizio intellettuale). Questo apre ad un atteggiamento di disponibilità e di consegna, attivando l’ascolto e l’apertura al dialogo.
  • Si può, quindi, leggere il brano biblico proposto, rileggerlo, cercare di capire cosa il Signore vuole comunicare di Sé (ponendosi domande del tipo: “cosa dice questo testo dell’amore di Dio? Come Gesù lo ha vissuto?). È l’incontro della mente con Gesù che si presenta come Verità.
  • Dopo aver interpellato il brano, occorre lasciare che il testo interpreti gli aspetti della propria umanità. È l’incontro del cuore con Gesù che si dona come Vita.
  • A questo punto, si chiede al Signore la modalità per vivere nel quotidiano quanto ha comunicato. È l’incontro della volontà con Gesù che si propone come Via.
  • L’esercizio di preghiera si conclude ringraziando per l’esperienza fatta, affidandosi a Maria, a san Paolo, a un santo particolarmente caro, a una persona defunta che ha segnato la propria esistenza in modo particolarmente positivo.
  • Al termine, è bene verificare l’esercizio con alcune domande: “Quali pensieri hanno accompagnato la mia preghiera?”, “Quali sentimenti hanno suscitato in me: riconoscenza, gioia, paura, ansia….?”. Si può annotare in un quaderno di vita e preghiera tutto ciò che si è vissuto, brevemente e in modo sintetico, verificando il pensiero e il corrispondente sentimento, chiedendosi se questi stiano favorendo o meno il “vivere in me” da parte di Cristo. Le prime volte questa scansione sembrerà un po’ “forzata”, ma già dal secondo esercizio ne emergeranno l’efficacia e l’utilità.

(cf. Ferrante Tosca, Gandolfo Guido, Perego Giacomo. PER DIVENTARE COME GESÙ,
Itinerario di esercizi spirituali per giovani. Edizioni San Paolo, 2011. pp. 13 + 17)

 


Puoi lasciare qui sotto, carissimo amico e carissima amica, una intenzione di preghiera: la Comunità delle Suore Apostoline di Castel Gandolfo pregherà per te il Signore della vita, perché tu possa raggiungere i tuoi desideri se essi sono conformi al bene maggiore, la volontà di Dio, e vivere da suo figlio/a ogni giorno della tua vita.